Dopo tanti anni di scrittura ho imparato che tu, che ora mi stai leggendo, vorrai essere condotto dentro a un mondo che infine non esiste, perché è questo l’orizzonte che sempre ci attira, nelle opere dell’arte. E dunque scriverò di un mondo altro, perché a nessuno interessa il vivere se non come metafora, e simbolo. Allora noi che scriviamo non siamo altro che pittori davanti alla tela, e poi abbiamo la pretesa di esporre le nostre opere e ce ne stiamo lì accanto, per leggere lo sguardo di chi passa sulla strada.
Ora, che ha fatto sapere – in una menzogna – di aver gettato le carte una volta e per sempre, sicuramente è libera di ascoltarle, quelle sue voci, come di chi si accompagna in un viaggio.
Ecco. Stanno ora parlando a questa notte estiva, e anch’esse ricordano perché il vivere è sempre un ricordare. E stanno raccontando, alla fine, che forse tutto è davvero un gioco, l’intrecciarsi di apparenze che si tessono in sfondi leggeri.
La notte è dunque il luogo che Sofia ama.
E poi ama anche la pioggia, perché collega la terra con il cielo.
Se lo vorrai, porta con te questo mio pensiero. Che non sia troppo tardi,
per riguardarci negli occhi e gridare ciò che, forse, non ha voce.
Se l’amore dunque (o forse) ci attrae perché sfugge sempre ogni reale comprensione, allora l’amante esperto sa sottrarsi, sa togliere la propria immagine all’amante, si fa cercare, ché se fosse compreso davvero sino in fondo morirebbe, ai suoi occhi: il suo essere ne uscirebbe risucchiato.
Così l’arte dello scrivere e del parlare, e del comporre suoni è un’arte di assenze, di silenzi. Come disse un grande amante dell’arte, il senso vero del quadro sta fuori dallo spazio angusto della cornice: il senso delle cose sta sempre là, oltre, non nelle cose mostrate, bensì in quelle che non sono state dette, che non saranno mai dette.
Il senso è mistero, è parola di silenzio ed è dunque, e anche, ombra nella luce.
Amiamo il sapere in ciò che non sappiamo, e amiamo l’amante perché mai ci appartiene.
Se fosse in musica, sarebbe un "improvviso".
Così, è un ricordo, una confessione, un piccolo gesto d'amore.
a G.
."Cade già qualche piccolo fiocco gelato: dalla densità del cielo, questa sarà una grande notte.
Da sempre, ho colloquiato con il cielo.
Abbiamo spesso, insieme, colloquiato con il cielo
"Ricordi?..."
Abbiamo spesso, insieme, colloquiato con il cielo
"Ricordi?..."
Vorrei ritrovare, qui, fra quindici anni lo splendido sorriso che mi è entrato dentro.
Se succedesse, sarebbe tremendo.
Ma lo vorrei comunque: con lei, la morte, è necessario essere chiari e coraggiosi.
E poi, in questo ultimo sole, chissà che tu non mi stia un po’ pensando: e basterebbe questo, forse, per affrontare la notte.